Bando “Liberi di crescere”: 10 milioni per i figli minori di detenuti

Le proposte di progetto devono essere presentate esclusivamente on line, tramite la piattaforma Chàiros, entro il 10 febbraio 2023.

Liberi di crescere è il nuovo bando di Con i Bambini promosso nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Obiettivo dell’iniziativa è sostenere progetti a favore dei figli minorenni di persone detenute, mettendo a disposizione complessivamente 10 milioni di euro.

Ogni anno sono decine di migliaia i minorenni che entrano in un istituto penitenziario per fare visita a un familiare detenuto. Per esattezza, nel 2021 in Italia si sono svolti 280.675 colloqui tra detenuti e almeno un familiare minorenne. Attraverso questo bando Con i Bambini si propone di promuovere processi di crescita e di integrazione sociale dei minorenni figli di detenuti e di garantire la continuità del legame affettivo con i genitori che vivono la condizione detentiva, arginando gli effetti negativi prodotti dalla separazione all’interno del contesto familiare. Tali effetti, infatti, si riversano sugli equilibri emotivi e relazionali e sullo sviluppo dei figli, portando a possibili ricadute negative sulla salute e sullo sviluppo cognitivo, sul sereno e regolare accesso ai percorsi scolastici e sulla tendenza a entrare nei circuiti dell’illegalità.

“Su questo articolato e delicato tema vi sono almeno due diritti fondamentali che vanno assolutamente tutelati e garantiti: quelli dei bambini e delle bambine ad avere una crescita sana e ad avere un normale rapporto con i propri genitori, e quello delle persone detenute che, nonostante lo stato di detenzione, devono poter svolgere la loro funzione genitoriale” sottolinea Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini. “Con i Bambini, con questo bando – aggiunge Rossi-Doria – intende contribuire a evitare che siano i bambini e bambine, ragazzi e ragazze a pagare un prezzo inaccettabile per le condizioni dei genitori detenuti, a offrire a questi ultimi la possibilità di esercitare bene la loro funzione anche da detenuti, a dire a tutta la società che la pena deve essere occasione di cambiamento positivo. Questo avviene attraverso un necessario accompagnamento di educatori e operatori qualificati, mettendo in rete tutti gli attori coinvolti, organizzazioni di terzo settore e istituzioni. Anche per questo bando, abbiamo previsto la valutazione d’impatto degli interventi”.

I progetti finanziati dovranno assicurare l’accesso a eque e significative opportunità di socializzazione e di integrazione ai minorenni con almeno un genitore detenuto, mediante percorsi di accompagnamento socio-educativo, di inclusione scolastica ed extra-scolastica, di costruzione di progetti di sviluppo personale e di protagonismo dei ragazzi e ragazze stessi, che, se adeguatamente sostenuti da agenzie educative competenti, possano ridurre l’impatto negativo che l’esperienza detentiva della madre e/o del padre esercita sul loro processo di crescita.

Gli interventi dovranno, inoltre, favorire un ruolo attivo e consapevole dei genitori detenuti nella crescita e nell’educazione dei figli e prevedere interventi volti a mantenere e a tutelare la relazione genitore-figlio durante il periodo di detenzione del genitore. Si raccomanda, inoltre, l’adozione di procedure dedicate alla tutela dei minorenni dai rischi di abuso, maltrattamento, sfruttamento e condotta inappropriata (child safeguarding policy) da parte degli operatori.

Il partenariato deve essere composto da almeno tre organizzazioni, con un ente di terzo settore in qualità di responsabile. I partner possono appartenere, oltre che al mondo del terzo settore e della scuola, anche a quello delle istituzioni, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale, dell’università, della ricerca e al mondo delle imprese. Salvo nel caso la proposta preveda l’avvio di una nuova casa famiglia protetta, il partenariato deve includere l’istituto penitenziario con il quale si collaborerà per l’individuazione dei beneficiari e l’implementazione delle attività progettuali.

Nessun partner, con la sola eccezione delle università e dei centri di ricerca, delle amministrazioni locali e degli istituti penitenziari, potrà partecipare a più di un progetto, pena l’esclusione di tutti i progetti in cui esso è presente.

Le proposte di progetto devono essere presentate esclusivamente on line, tramite la piattaforma Chàiros, entro il 10 febbraio 2023.

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Scenario

Secondo le statistiche del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia, al 31 dicembre 2021 la popolazione carceraria ammontava a 54.134 detenuti (2.237 di genere femminile) dei quali 24.908 genitori. Considerando il numero di detenuti genitori e il numero di figli per ciascuno di essi, si stima che approssimativamente, in Italia fossero circa 56.000 le persone di minore età coinvolte in situazioni di detenzione genitoriale.

Dal punto di vista legislativo, in più occasioni si è posta l’attenzione sul diritto dei minorenni a ricevere assistenza materna con continuità e in un ambiente familiare. La legge n. 40 del 2001 (conosciuta come “Legge Finocchiaro”) ha inserito attenuanti di pena per le madri detenute con figli di età inferiore a 10 anni, come la detenzione domiciliare speciale e la possibilità di assistenza all’esterno dei figli minori. Tali misure, tuttavia, non sempre risultano applicabili, soprattutto per le detenute socialmente deboli o in condizioni di particolare fragilità. Proprio per superare i limiti posti dalla precedente legislazione, con la legge n. 62 del 2011 è stata disposta l’istituzione degli ICAM (“Istituti a custodia attenuata per detenute madri”) e delle case protette, con l’obiettivo di creare speciali strutture pensate per poter ricreare un’atmosfera prossima a un normale ambiente familiare.

Anche per effetto delle misure straordinarie previste in seguito alla pandemia, al 31 maggio 2022 erano 17 le detenute madri con figli al seguito, per un totale di 18 bambine e bambini presenti negli istituti penitenziari, ovvero nelle sezioni nido e nei cinque ICAM presenti in Italia. Nonostante quanto contenuto nella legge del 2011, le risorse pubbliche per creare contesti detentivi attenuati sono insufficienti e ad oggi si contano solo due case protette (a Roma e a Milano), inaugurate su iniziativa delle pubbliche amministrazioni, ma gestite dal terzo settore. Per sopperire a tale deficit, la legge di bilancio del 2020 ha previsto una dotazione di 4,5 milioni di euro per il triennio 2021-2023 in favore delle Regioni, con lo scopo di finanziare l’apertura di case famiglia protette.